Borsalino nella nebbia

di Annalisa Rabagliati
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“Non capisco come fate , voi, ad essere così carine e gentili da giovani e a trasformarvi in megere appena sposate” disse l’uomo dal cappello tipo Borsalino, che di solito entrava nel bar, non si scopriva il capo neppure davanti ad una signora, ordinava qualcosa e rimaneva in silenzio fino all’ora di tornare a casa. Bea, una quarantenne decisa e spigliata, decise di dar corda al cliente, stupita dalla sua insolita loquacità.
“Mica tutte siamo megere” disse, finendo di asciugare un bicchiere.
“Sì, invece, prendi mia moglie, era così allegra, simpatica, graziosa … La sposo ed ecco che diventa una strega, attaccata solo ai soldi!” Bea riempì il bicchiere di liquore e glielo pose davanti. “Davvero?”

“E che voce volgare ha messo su, e come è grassa e poi non gliene frega niente di me!” Bea fu presa da un senso di solidarietà femminile: “È sicuro? Non potrebbe dire lo stesso sua moglie?” “Ha poco da lamentarsi lei,con tutti i soldi che le do!E invece grida, protesta, piange!” “Forse lo fa per mandarle un messaggio, per farle capire che soffre, ad esempio …”
“E perché? Ha tutto quello che vuole!
“Questo lo dice lei! Le ha mai chiesto se ha quello di cui ha bisogno?”
“No, ma cosa sei ? Una psicologa, forse? Sei una cameriera, no? E allora stai al tuo posto!” Bea avrebbe voluto dirgli che era stato lui ad iniziare il dialogo, ma rimase zitta, in fondo che le importava di lui, di loro? L’uomo però continuò: “E pensare che voi donne siete così belle da piccole, così ingenue … quasi stupide! Credete a tutto, siete sognatrici … ma quando avete ottenuto quel che volevate, vi trasformate! Da fate a streghe!”

E rieccoci! Bea non aveva voglia di sentirlo continuare la tiritera … che gliene importava se era un cliente fisso … Stava per dirgliene quattro per farlo smettere quando lui, che, a giudicare dall’alito, aveva già bevuto prima di entrare nel bar, si protese sul bancone e le disse, in tono confidenziale:“Sai, io lo so quello che dico: voi donne, da bambine, sembrate le più innocenti del mondo, invece siete già delle gran ..”
“Fermo lì! Non si permetta, sa! Non sono disposta ad ascoltare insulti, solo perché lei è un cliente! Anzi, paghi quel che deve e vada pure a casa da quella poveraccia di sua moglie!”

“Ma dai, perché te la prendi cosi? Cosa c’entri tu? E poi è vero, sai? Stai a sentire cosa mi è capitato stamattina ….” E prima che Bea potesse nuovamente reagire si mise a raccontare con aria soddisfatta di aver incontrato, mentre camminava vicino ad una scuola, una ragazzina sugli undici anni, che andava su e giù lungo il marciapiede con aria imbambolata, di averla fermata e di averle detto: “ Se vieni con me ti porto in un posto dove ti facciamo …”

All’udire quelle parole Bea rimase sconvolta! Erano le stesse che le avevano rivolto da bambina. Come nell’improvviso flashback di un film Bea rivide una scena di un inverno di tanti anni prima. Guardò meglio l’uomo. Ma sì, era lui, proprio lui! Anche allora il Borsalino gli copriva un po’ la faccia inespressiva e i piccoli occhi dallo sguardo gelido. La bocca era una striscia sottile che sputava parole malefiche. Nonostante fosse passato tanto tempo Bea ci mise un attimo a riconoscerlo e lo apostrofò: “Vattene brutto porco, molestatore di bambine! Esci con le tue gambe, se non vuoi che ti faccia cacciare a calci in culo!” Lui rimase interdetto, senza parole e fece per cercare il portafogli in tasca, ma Bea gli urlò: “Non c’è bisogno che paghi, nessuno vuole i tuoi soldi, hai capito?”

L’uomo uscì in fretta. Bea cercò con lo sguardo il principale.
“Datti una regolata, Bea- le disse Dante- Perché tratti così gli uomini? Non devi odiarli!” “Io non odio gli uomini, capo! Solo i clienti ubriaconi.” Non ce n’erano altri quella sera e Bea chiese a Dante di poter andare a casa prima del solito. Si vestì e uscì nella nebbia.
Il piccolo locale si trovava insieme ad altri sulla banchina del fiume, sotto la strada che lo costeggiava. Era una zona un po’ appartata, ma dicevano che sarebbe potuta diventare un posto alla moda, negli anni. La nebbia che risaliva dal fiume invitava a pensare e Bea non poteva far altro che ricordare.

Faceva freddo quel mattino d’inverno. Lei camminava avanti e indietro lungo il marciapiede per non congelare. Il martedì alle undici c’era ginnastica e Bea arrivava sempre un po’ troppo presto, per non rischiare di essere in ritardo, così le toccava aspettare per strada che i bidelli aprissero il portone della palestra. Erano gli anni del boom economico e nella città di Bea c’era stato un tale incremento demografico, dovuto all’immigrazione, che negli edifici scolastici si erano dovuti programmare turni diversi per accogliere tutti gli studenti. Per questo l’educazione fisica veniva impartita al di fuori dell’orario normale delle lezioni.

Mancava solo qualche minuto all’inizio della ginnastica, quando vide apparire nella nebbia un uomo, fermo sull’angolo della strada, avvolto in un largo cappotto e con un cappello stile Borsalino, come usava all’epoca. Mentre lei si stava avviando verso il portone della palestra l’uomo le venne incontro, sbarrandole il passo.
Bea si stupì quando lo sconosciuto le rivolse la parola, ma rimase quasi paralizzata al sentire quel che le disse: “Se vieni con me ti porto in un posto dove ti facciamo …” Bea fuggì.

Da quel mattino per un altro paio di volte ritrovò lo sconosciuto ad attenderla davanti alla scuola. Bea aveva provato ad andare alla lezione un po’ più tardi, ma l’uomo era sempre lì e le rivolgeva le stesse frasi volgari. Così la soluzione per far cessare gli incontri fu quella di dichiararsi indisposta ogni volta che c’era ginnastica.

Naturalmente lei non aveva raccontato nulla ai suoi, erano altri tempi e non c’era molta confidenza con i genitori, che avrebbero certo pensato che fosse stata colpa sua. E poi si vergognava troppo a ripetere le parole udite, a tal punto che non sarebbe stata ancora in grado di farlo anni dopo, molti anni dopo, benché ormai donna. Le amiche che la commiseravano perché non si era mai sposata erano invidiose della sua libertà e spiegavano la sua scelta dicendo che Bea odiava gli uomini. No, lei non li odiava, semplicemente li evitava. Ne aveva paura da sempre. Le avevano consigliato di farsi aiutare da un esperto, ma ora non le sarebbe più servita una seduta di psicanalisi: aveva finalmente capito il motivo.

Ad un tratto, mentre rimuginava, Bea vide illuminato dalla luce di un lampione quello che a prima vista sembrava un grosso fagotto, ma che a mano a mano che ci si avvicinava, risultava chiaramente essere la sagoma di un uomo, un tizio con un cappello stile Borsalino. E chi poteva essere, se non lui? Chi portava ancora il Borsalino negli anni novanta? Bea lo osservò meglio e si accorse che dormiva, accasciato sotto il lampione, a due passi dal bordo della banchina sul fiume. Che fortuna! Altro che psicanalisi, questa era l’occasione per un atto liberatorio! Bastava dargli una piccola spinta e lo schifoso avrebbe fatto un bel bagno, per schiarirsi le idee! E se l’avessero vista? Bea si guardò intorno: non c’era nessuno e poi con quella nebbia … Forse il destino le stava offrendo un modo per liberarsi dei suoi ricordi angosciosi!

Sì, proprio così, quella era la volta giusta per fargli pagare tutta la sofferenza patita da lei e da chissà quante altre bambine! Tanto non gli sarebbe successo niente, l’acqua fredda lo avrebbe svegliato e lei si sarebbe fatta una bella risata! Un rigurgito di coscienza cercava di farla desistere, ma si rivide piccola ed indifesa e decise di mettere in atto il piano. Si avvicinò cauta per non svegliare il molestatore e stava preparandosi a spintonarlo, quando si sentì afferrare le spalle da due braccia vigorose. Bea si girò e, con sorpresa, vide Dante. La stretta si mutò in abbraccio.

Lui la esortò: “Non devi odiare gli uomini, Bea! Lascia stare quel povero vecchio!”
“Quel vecchio porco bavoso, vorrai dire! Da trent’anni almeno importuna le ragazzine, merita una punizione!”
“Ci ha già pensato la vita! Moglie e figlia lo hanno mollato e non vogliono più saperne di lui! Tutte le sere dopo aver chiuso il bar me lo ritrovo qui che dorme per terra, sulla banchina. Quando si sveglia torna a casa sua, una casa vuota. Se lo butti in acqua fai del male solo a te stessa.”

Bea insistette: “ Non mi importa! Sai chi è questo? È l’uomo che mi perseguitava da bambina. È per colpa sua che ho paura degli uomini. Mi diceva quelle parole sconce, ‘sto bastardo!” E aggiunse, tra le lacrime:“ Siete tutti bastardi!”
“Non siamo tutti uguali, Bea! Pensi che io sia come lui? E che tutti gli uomini si approfittino di donne e bambine? Noi uomini cerchiamo le donne perché abbiamo anche noi bisogno d’amore. E se qualcuno ti ha fatto del male, perché detestare tutto il genere maschile? Non vuoi perdonarci, con il nome che porti?”
E Dante baciò con dolcezza la sua Beatrice. Lei, dapprima riluttante, si lasciò baciare.
“Era tanto che volevo farlo, Bea.”
Lei gli sorrise. “Portami a casa, allora. Abbiamo perso troppo tempo.”
L’ubriaco russava, ignaro del pericolo corso.

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Borsalino nella nebbiaultima modifica: 2018-01-16T17:24:59+01:00da picci-teacher
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