Vajont. La perdita dell’innocenza

di  Annalisa Rabagliati

Il 9 ottobre è stato il cinquantacinquesimo anniversario della tragedia del Vajont. Lo hanno ricordato tutti i media e, in modo autorevole, il Presidente della Repubblica. Vorrei anch’io parlarne, ma sommessamente, per far capire a chi non c’era ancora quale fu l’impressione che fece a me e, credo, ai miei coetanei all’epoca.
Nel 1963 avevo appena iniziato la prima media e per noi, ragazzi nati dopo la fine della guerra, la prima generazione che non ne avrebbe vissuta un’altra, fu il giorno in cui si perse in parte l’innocente incoscienza dell’ età.
Fu forse la brusca uscita dall’infanzia felix.
Tutti noi avevamo ascoltato a lungo i discorsi drammatici di chi la guerra l’aveva vissuta, al fronte, oppure a casa, sotto i bombardamenti. I nostri genitori erano riusciti ad instillarci un odio per la guerra e un terrore che erano sicuramente il miglior antidoto contro eventuali pretese guerrafondaie come quelle del periodo precedente l’immane disastro. Ora, negli anni sessanta, si viveva nell’ottimismo, nella fiducia del domani, anche se non tutti godevano ancora appieno di quel benessere che stava portando il boom economico; non la mia famiglia, ad esempio. Ma ai miei genitori e a tanti altri non dava problemi dover lavorare duramente : poterlo fare in un periodo di pace era tutto quel che chiedevano e i figli crescevano sereni, senza troppi timori per il futuro.
Ebbene, dopo quella sera nulla fu più come prima. L’idea che una forza sovrumana potesse, come
un fulmine inatteso, non solo spezzare tante vite (più di 1900!) , ma distruggere in un attimo città e paesi, lasciando un deserto fangoso di solitudine e desolazione , fece capire di colpo una verità banale: che siamo appesi ad un filo e non tutto dipende dalla nostra volontà. Che ci siano state, come sempre, responsabilità umane, ancora non lo sapevamo, che ci siano stati, come sempre, profittatori dell’ondata di solidarietà nazionale, lo si disse presto .
Naturalmente per chi non era direttamente coinvolto fu facile superare quei momenti di angoscia; non conosco e non oso immaginare quanto deve essere stato penoso e lungo il ritorno ad una sembianza di normalità per chi aveva perso tutto: la famiglia, la casa, gli animali, i propri oggetti del vivere quotidiano.
Ma anche in noi, milioni di testimoni illesi, giovani e inconsapevoli, qualcosa di oscuro e pauroso rimase nel profondo dell’animo. Non voglio dire che non ci fossero mai state altre tragedie: pochi anni prima ci furono le alluvioni del Polesine, i morti nella miniera di Marcinelle … ma noi baby boomers eravamo troppo piccoli per rendercene conto e questo fu il primo grande momento di ansia latente e di perdita dell’innocenza.
Il primo di una infinita sequenza di drammi collettivi che colpirono il nostro paese: l’alluvione di Firenze, il terremoto del Belice, la bomba nella banca di Milano, la strage dell’Italicus, il terremoto del Friuli, la lunga serie di atti terroristici, i delitti di mafia, le morti sul lavoro, i disastri ambientali … Ogni volta sembrava che niente di più grave potesse accadere e si ritornava ad aver fiducia nel domani, a credere che i colpevoli sarebbero stati trovati presto, che molti misteri sarebbero stati risolti, invece l’elenco di quel che avvenne in seguito è ancora lungo e ogni volta ci troviamo a stupirci di un’ ennesima sventura, come oggi, con la tragedia del ponte di Genova, che qualcuno ha definito il nostro 11 settembre.
Credevamo di vivere in tempo di pace, ma stragi e disgrazie non sono mancate. Ora che la mia infanzia è un lontano ricordo posso dire che, purtroppo, anche questa è la storia del Paese in cui viviamo e siamo cresciuti e invecchiati, conducendo una vita più o meno normale. È la storia della nostra vita, nella nostra Repubblica, puntellata dalla costanza di gente che ha sempre cercato di risollevarsi tra una tragedia e l’altra , compiendo il proprio dovere e in cui persone coraggiose hanno cercato di fare chiarezza, anche a costo della vita. Tutti questi avvenimenti, nostro malgrado, ci hanno dato un’identità e una coscienza collettiva, ottenuta soprattutto a spese dei tanti morti che possiamo ben definire i nostri martiri. Ed è per loro che dovremmo tutti adoperarci perché non si ripetano simili catastrofi, cercando di prevenire le conseguenze di quelle naturali e di impedire quelle causate dagli uomini. Cercando di dare il nostro contributo, pur se piccolo, per lasciare, come si dice, un mondo migliore alle nuove generazioni.
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Vajont. La perdita dell’innocenzaultima modifica: 2018-10-10T15:49:08+02:00da picci-teacher
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4 pensieri su “Vajont. La perdita dell’innocenza

  1. Siamo quasi coetanei e pertanto ricordo anch’io in modo particolare la tragedia del Vajont. Forse perché era una delle tante tragedie che hanno colpito l’Italia, della quale effettivamente incominciavo a capire quanto fosse stata drammatica nel suo essere. Hai descritto molto bene i ns tempi e mi hai fatto tornare un ragazzino. Grazie

  2. Ciao carissima, per risponderti bene dovrei scrivere almeno cento pagine di impressioni e commenti, ma devo essere un po’ ristretto…
    Il Vajont, come tutti gli altri fatti accennati, sono eventi impressionanti che fanno pensare, e a maggior ragione sono esecrabili da chi ha subito l’ultima guerra, e ha visto le sue nefandezze; ma qudgli eventi si possono suddividere in 2 categorie: i fatti avvenuti involontariamente (alluvioni, terremoti, il Vajont, incidenti, epidemie, ecc.) e comunque successi, ma involontari o non voluti; ed i fatti invece voluti e premeditati dall’uomo (attentati, eventi del terrorismo, sequestri, ecc.); nel primo caso i fatti sono sempre possibili e latenti (vedi il disastro della funivia del Mottarone), e dobbiamo pensare che si possano ripetere, finché la scienza e la tecnologia non permettano di annullarli con certezza; nel secondo caso non ci sarà risoluzione finché ci saranno diseguaglianze e rancori tra gli uomini e popoli, e mi sembra che una soluzione definitiva sia lontana dal nostro futuro.
    Però dici bene che occorre formare le nuove generazioni per dare speranza ed avere fiducia in un domani certamente migliore; saresti ottima se ti attivassi in un volontariato in tal senso.
    Ciao Annalisa!

    • Caro Valter, grazie per il tuo commento e soprattutto per aver apprezzato l’articolo. Hai ragione , ci sarebbe tanto da dire sugli argomenti che abbiamo solo sfiorato e bisognerebbe impegnarsi tutti quanti per rendere questo mondo un po’ più degno. Nel mio piccolo quando insegnavo facevo il possibile per comunicare certe idee ed emozioni ai ragazzi. Ora mi dedico agli adulti, per volontariato, perché ognuno deve impegnarsi in ciò che è in grado di fare. Penso che tenere compagnia e far sorridere un po’ la gente sia il modo a me più consono.

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