8 marzo in atmosfera di guerra

pariOpportunita

di Annalisa Rabagliati

Come ogni anno il mio Coro si esibisce con un concerto per celebrare la Giornata della Donna e io ho il compito di preparare la presentazione dello spettacolo. Quest’anno, però, l’8 Marzo arriva in un periodo funestato dalla guerra in Europa. Una guerra che non avremmo mai voluto vedere, che non avremmo mai pensato di dover vedere, dopo tanti decenni di pace.

Non so se avrò ragione, ma credo che non ci saranno molte manifestazioni e cortei per la giornata della donna. D’altronde cortei e manifestazioni per la pace, contro una guerra criminale e stupida     ( ma quando mai una guerra è intelligente?) ce ne sono già stati e credo che continueranno finché questa finirà. Speriamo presto, anche se non sappiamo quando.

Da ventun anni il mio coro canta per l’8 Marzo e ogni anno, durante le  presentazioni, facevo  battute per coinvolgere il pubblico. Quest’anno, con la guerra in atto, non c’è voglia di scherzare, anche se un po’ di leggerezza farebbe bene a tutti, specialmente ora che si riprende una vita quasi normale, dopo le restrizioni per la pandemia. E poi certe battute non si possono più fare.

Anni fa c’era un’atmosfera diversa, vivevamo  in pace, una pace e un benessere ottenuti con sacrificio e fatica dai nostri genitori e noi eravamo contente delle conquiste ottenute.  L’atteggiamento degli uomini venti, dieci anni fa era un po’ timoroso, ma aperto e accettavano volentieri di sorridere con noi pseudo femministe sulla condizione della donna, in una giornata che non voleva certo celebrare una guerra tra i sessi.

Ora anche le battute sono difficili, in un’epoca che vuole essere politicamente corretta al punto da diventare fanatica. Prima che si parlasse di questa autentica, maledetta guerra in Ucraina, ci  preoccupavamo di cose futili, quali la desinenza delle parole al maschile o al femminile: si diceva “tutte e tutti”, “bambine e bambini”, “ragazze e ragazzi”; si voleva introdurre nella nostra lingua lo “schwa”, che è un modo infallibile per non far comprendere il finale di una parola, peraltro usato da sempre in alcuni dialetti italiani; si accendevano dibattiti sul declinare al femminile i nomi di professioni e mestieri che erano stati a lungo appannaggio dell’uomo.

E se tre persone parlavano di questo argomento le opinioni erano, come sempre, più di tre: chi preferiva che il nome fosse detto al maschile, perché ciò conferiva più autorità, chi voleva il femminile per dare dignità alle capacità delle donne, chi storpiava in modo orrendo parole che un femminile lo avevano sempre avuto, chi detestava la versione femminile perché questo ghettizzava la professione . Un tempo si sarebbe detto che si dibatteva del sesso degli angeli …

Certamente non sono questi i problemi importanti per le donne. La parità sul lavoro, che dovrebbe ormai essere assodata conquista, è ancora spesso, nella pratica, raggiunta poco e a fatica. Ma, siamo oneste, non esiste più da decenni, ormai, il pregiudizio che le dipinge come capricciose, incostanti, poco intelligenti, inadatte alle materie scientifiche. Pregiudizi che si ritrovano nei canti antichi, che riflettono una situazione lontanissima dal nostro presente. Basterebbe citare i nomi di virologhe e ricercatrici che hanno raggiunto la notorietà durante la pandemia, grazie alla loro preparazione e bravura nella divulgazione, per smentire chi ancora avesse un retaggio di idee antidiluviane e non obiettive.

Resta ancora da sfondare, in molte professioni, quello che viene definito “tetto di cristallo”, che impedisce alla donna di arrivare in cima alla scala gerarchica, proprio perché donna. Ma capita sempre più raramente, mi pare, vedendo in molti campi, quali l’informazione e la politica, che tante sono riuscite ad arrivare molto in alto. Si tratta di donne davvero caparbie  e intelligenti, ma la vera parità ci sarà quando anche una donna mediamente intelligente e non bella    ( di belle presenze vuote ce ne sono sempre state) giungerà in alto come capita a uomini non particolarmente brillanti, né belli.

Esempi illustri di donne di potere ce ne sono: parlo della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, della Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde o della ex cancelliera tedesca Angela Merkel. Tutte donne di cui un tempo si sarebbe detto che avevano gli attributi, sottintendendo che per essere in gamba e risoluti occorre essere uomo. Però se penso a Charles Michel, Presidente del Consiglio Europeo, che per ben due volte non si è opposto alla sgarberia maschilista prima di Erdogan, poi del ministro ugandese, non mi pare che abbia dimostrato di essere risoluto o coraggioso. Certi uomini ritengono che, grazie al femminismo, si possano trattare le donne con maleducazione, senza rispetto né per il loro sesso, né per il loro ruolo. Bimbi viziati che hanno sempre creduto di essere al centro del  mondo e considerano le donne cameriere o segretarie (pardon, assistenti).

E dire che di leggi che hanno messo in chiaro a quali mete possano arrivare le donne ne abbiamo. Solo per citare la Costituzione Italiana: furono 21 le donne del’ Assemblea Costituente cui si devono l’articolo 3 sulla parità di genere, l’articolo 29 sulla parità dei coniugi nel matrimonio e nella patria potestà ( anche se l’attuazione avverrà  molti anni dopo, nel 1975), l’articolo 37 sulla parità nel lavoro ( anche qui si dovrà però aspettare la legge voluta da Tina Anselmi nel 1977) l’articolo 51 sull’ingresso delle donne nelle  giurie popolari.

Altre leggi importanti: nel 1950 protezione delle lavoratrici madri, nel 1958  abolizione delle case chiuse, nel 1959 ingresso delle donne in Polizia,  nel 1963 accesso ai pubblici uffici, quali  ad esempio, la magistratura, nel 1965 retribuzione femminile pari a quella maschile, nel 1970 legge sul divorzio, nel 1971 legge sul congedo di maternità, e così via … finché nel 1996, finalmente, una legge stabilisce che la violenza sessuale è reato contro la persona e non contro la pubblica morale. L’attenzione verso la parità di genere aumenta di pari passo con il coinvolgimento in politica delle donne e per aiutarle nell’inserimento in ogni campo si inizia a parlare di quote rosa.

In realtà io non sarei d’accordo con questa idea, perché non considero le persone in base al sesso, ma alle doti che dimostrano. È vero, però che, secondo le statistiche, l’Italia del 2021 è stata classificata al 63° posto su 156 per il Global Gender Gap e quindi nel piano di Strategia Nazionale per la Parità di genere dal 2021 al 2026 si intende sostenere la parità tra i sessi. Mi domando che cosa ne pensino i rappresentanti degli LGBTQI , dove si schierino questi giovani della generazione liquida odierna. Io non capisco molto dell’argomento, ma so che oggi si è più attenti ai loro bisogni, così come a quelli delle coppie dello  stesso sesso e trovo che è un bel passo avanti verso l’accettazione delle scelte degli altri.

Eppure qualcuno che vive ancora nel suo piccolo mondo fuori tempo massimo c’è. Si tratta di quegli uomini, di ogni ceto, di ogni livello di istruzione, di ogni provenienza, che si sentono minacciati dalla voglia di  indipendenza della compagna, quando questa si stanca di far loro da tappeto e cerca di rompere un legame che non ha più senso di esistere. Questi uomini vedono crollare il loro mondo anacronistico e non sanno reagire in modo razionale, ma ricorrono alla violenza, credendo di rimettere le cose in ordine, secondo il loro metro di giudizio.

Quanti episodi ancora ricorrenti di femminicidio, una parola che taluni ritengono inutile, perché l’omicidio sarebbe parola onnicomprensiva.  Ma la differenza tra i due termini è semplice: l’omicida non dorme nel tuo letto! Chi uccide non lo fa per amore, ma per un malinteso senso di superiorità tradita. Quanta strada c’è ancora da fare per cambiare mentalità ferme all’Ottocento!

Per una volta la Legge è più avanti di alcune persone. Le conquiste delle donne sono in quelle leggi e la società civile le riconosce come naturali e ovvie. Ringraziamo le donne che hanno lottato per ottenerle: suffragette, partigiane, deputate dell’Assemblea Costituente,  femministe, parlamentari di ogni partito. Pensiamo alla fortuna che abbiamo di vivere in uno Stato in cui si promuove la parità tra i generi. Pensiamo ad altre nazioni del mondo, dove si è ripiombati  nel Medio Evo, come in Afganistan …

E ancora, proprio mentre scrivevo queste parole, un’altra donna veniva uccisa. Anna, trent’anni, parrucchiera di Salerno, uccisa a colpi di pistola dal suo ex. L’ennesimo femminicidio, l’ennesimo colpo di coda di una mentalità di  possesso che sta per cambiare definitivamente.  Anzi, è già cambiata, non siamo più ai tempi dei “fogli volanti” in cui la donna veniva colpevolizzata e si giustificava l’assassino dicendo che aveva agito per amore. Ma quale amore? Ora tutti sanno che non c’è amore, ma solo desiderio di possesso  e frustrazione dietro a un gesto inqualificabile.

L’educazione che viene ora data ai figli, maschi e femmine, è quella che li considera allo stesso modo a prescindere dal sesso e dalle preferenze sessuali e insegna loro a rispettare gli altri.             Anche il femminicidio, strage che parrebbe infinita, non è che agli ultimi rigurgiti e come ogni cosa umana finirà, così come è finita l’atmosfera di accondiscendenza che forniva giustificazione.

Chiudo queste mie considerazioni con l’augurio che quando sarà pubblicato questo scritto, per l’otto marzo, i negoziati per la pace in Ucraina si avviino e abbiano un buon esito.  E allora potrò tornare a fare le  mie stupide battute presentando  i canti per la Giornata della Donna.

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8 marzo in atmosfera di guerraultima modifica: 2022-03-07T20:54:07+01:00da picci-teacher
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