Una favola in giardino

di Annalisa Rabagliati

Questa favola si svolge in Estate. All’ombra di un albero, nel giardino davanti a casa mia, sto leggendo “I leoni di Sicilia”, quando d’un tratto mi sento dire “Ciao” da una voce maschile. Sollevo lo sguardo e vedo un vicino, entrato da un varco che ha praticato nella rete di divisione tra le proprietà. Ricambio il saluto, benché  stupita di vederlo qui: non mi ha mai fatto visita e non è entrato dal cancello d’ingresso. Lui siede su una delle mie sedie, in silenzio. Sono persona amichevole e, visto che tace, cerco di intavolare un discorso senza chiedergli brutalmente che vuole.

Parlo del caldo, delle zanzare e nel frattempo arriva la moglie, dallo stesso percorso. Mi alzo per andare in casa a prendere qualcosa da offrire loro e chiamare mio marito, ma i due mi dicono che non c’è bisogno di disturbarlo. Sembra una chiacchierata tra amici: ma quando parlo dello stato del giardino in cui siamo, dove vorrei fare l’orto, l’uomo mi dice: “ È meglio che non facciate l’orto qui,  ma nella casa dove stavate prima.” Chiedo perché, ma non risponde. Lei vuole sapere se il giardino l’ho comprato e quando dico che l’ho affittato dal mio vicino, mi dice che non dovevo. So perché.

Volevano quel giardino, ma il proprietario non glielo aveva affittato per dissapori passati. Tutti e due si mettono a dire che non dobbiamo fare niente in quel giardino, che lì non  deve entrare nessuno e che è una questione di rispetto e che io non so chi sono loro. Io replico, con un sorriso, che l’ho affittato e quindi lo uso. Si va avanti così, sempre senza nessun battibecco, ma ogni volta che mi alzo per chiamare mio marito, mi dicono che non è necessario, tanto ho capito benissimo. Io replico che non so proprio che cosa dovrei aver capito. Altre battute sul  fatto che usando il giardino non si sa che cosa potrebbe succedere. Secondo loro è meglio che me ne stia a casa mia, non lì, altrimenti, non si sa mai, ci siamo capiti e se non vuoi capire …

Dico che capisco solo quando si parla chiaro. Loro insistono sullo stesso tono, allora, stavolta, senza insultare, né gridare, ma senza sorrisi di cortesia, dico a voce più alta che questa è una minaccia di stampo mafioso. “Che c’entra la mafia? Non è una minaccia, è solo un avvertimento” fanno e io ribatto: “Io faccio quello che voglio e nessuno deve venirmi a dire quello che devo fare”. Al che si avviano verso casa loro, ripetendo che non voglio proprio capire. E io, di rimando: “ E se mi succederà qualcosa saprò a chi rivolgermi: ai carabinieri!”

Arrabbiatissima rientro in casa e racconto a mio marito l’accaduto. Andiamo subito dai carabinieri per un esposto, ma siamo fuori orario e per le urgenze bisogna chiamare il 112. Non ci pare il caso. Torniamo a casa e decidiamo di andare da questi vicini. Mio marito dice loro con molta chiarezza ciò che dovrebbe essere chiaro di per sé: ognuno è libero di fare ciò che vuole, se non danneggia gli altri, e se succedessero cose spiacevoli la denuncia scatterebbe immediata. Il piglio calmo, ma deciso, di mio marito li porta, come si dice, a più miti consigli, e ci mettiamo a parlare un po’ del più e del meno, chiarito che non ci stiamo alle larvate minacce.

Ce ne andiamo tranquilli e mio marito commenta: “Sono solo due minchioni ignoranti”.  A me, però, resta un senso d’amarezza: non avrei mai detto che nella mia abbastanza lunga vita avrei conosciuto, nel mio piccolo, anche questo. Forse  quei due credevano di impaurire facilmente una povera ultrasessantenne e invece mi sono opposta con forza. Sono fiera della mia reazione: il commissario Cattani sarebbe certamente orgoglioso di me e perfino Jessica Fletcher, che ha più o meno la mia età. Si tratta, ovvio, di un problema minimo, ma questa è prepotenza come stile di vita.  Chissà come finirà questa storia? Spero di non  arrivare agli onori delle cronache.                             Mi limito a trovare la morale della favola: da “I leoni di Sicilia” a “I  minchioni di casa nostra”.

 

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Una favola in giardinoultima modifica: 2022-05-31T16:47:03+02:00da picci-teacher
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6 pensieri su “Una favola in giardino

  1. La parola “favola” mi ha tratto in inganno…ero pronta a qualcosa di diverso che non fosse una bega sgradevole con persone che tuo marito definisce, a ragione, dei minchioni.
    Invitali a pranzo, prepara delle cose sfiziose, falli bere (magari si ritireranno alticci) e fa capire loro che è meglio andare d’accordo, in quanto vicinissi di casa, piuttosto che sentirsi fare “un’offerta che non possono rifiutaaare”. Miiiinchia,,,

    • Grazie per avermi suggerito un bel finale rosa. Purtroppo questa è una favola che vorrebbe essere nera, anche se risulta grigia, a ben vedere.

  2. Avvincente. Sembra un thriller. Secondo me non vogliono che zappi per l’orto perché potresti riportare in superficie il cadavere di uno che hanno ammazzato per motivi per l’appunto mafiosi.

  3. Mi pare assurdo rivalersi di un eventuale torto su chi ne’ e’ completamente al di fuori. Avete fatto bene a mettere in chiaro la vostra posizione.

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