L’altra metà della mela

di Annalisa Rabagliati
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Camminava come ogni giorno sul sentiero che procedeva lungo il pendio sotto la strada provinciale che conduceva al passo. La giornata era limpida e il cielo terso.
Nella bella stagione Pietro scendeva dall’alpeggio dove si trovava la sua baita per raggiungere l’osteria di un piccolo borgo abbarbicato sulla montagna.
In inverno, con la neve, Pietro doveva accontentarsi di andare a fare provviste in paese una volta alla settimana, o anche ogni due, con la sua panda quattro per quattro.

Per fortuna in quella fine estate poteva ancora concedersi la passeggiata quotidiana che, con l’avanzare dell’età, gli era diventata necessaria come il pane, perché l’isolamento della baracca in cui si era confinato gli stava diventando sempre più stretto. Sentiva che la pace e la solitudine che un tempo aveva tanto desiderato, ora non gli bastavano più.

Non che volesse tornare nella confusione del mondo cittadino: in realtà amava quel posto in montagna, difficile da raggiungere e frequentato solo da pochi valligiani, ma cominciava a non poterne più del silenzio assoluto che lo circondava, se si escludevano i canti degli uccelli e i fischi delle marmotte o la voce del vento.

Non voleva andarsene, ma avrebbe voluto condividere con qualcuno quel paradiso della natura. Un qualcuno di sesso femminile, ovviamente, perché l’uomo è sempre uomo, anche se ha ampiamente superato la mezza età, ed ha bisogno di compagnia, di dolcezza, non può accontentarsi di leggere un libro o di guardare il tramonto sempre da solo.

Pietro intuiva, in modo confuso, che da qualche parte, nel mondo, ci doveva essere la sua metà della mela: la donna che avrebbe condiviso con lui i giorni che gli restavano. Sapeva bene che non avrebbe certo trovato la compagna di cui sentiva la necessità nell’osteria del borgo, eppure non aveva il coraggio di lasciare i monti per andarsi a cercare una moglie in città.

A volte sperava che questa arrivasse da sola , senza che lui dovesse fare alcuno sforzo, ma poi si diceva che praticamente avrebbe voluto che gli cadesse tra le braccia dal cielo e questo era ridicolo.
Si rimproverava di non avere la forza d’animo di mollare tutto per mettersi alla ricerca. Iniziava una lotta accesa tra sé e sé, enumerando i pro e i contro da considerare per prendere una decisione, ma non giungeva mai a far collimare le diverse ragioni e così durante ogni passeggiata continuava la propria discussione solitaria. Quel giorno, però, il destino avrebbe deciso per lui.

D’un tratto udì uno stridio di gomme e un gran botto. Pietro istintivamente sollevò lo sguardo in direzione del rumore, che proveniva dalla provinciale sopra il pendio e vide un’ auto che stava precipitando lungo la scarpata, dopo aver sfondato il guard-rail. L’auto capottò due volte e si fermò con uno schianto.

Lo spettacolo crudele e inatteso durò pochissimo, forse un minuto. Pietro si scosse dal suo sbalordimento e comprese che doveva far qualcosa : si mise a correre verso l’auto fracassata per vedere se poteva essere d’aiuto. Trovò due persone ormai morte. Pietro pensò sconsolato che c’era da aspettarselo dopo un simile volo e che l’unica cosa da fare era avvertire dell’incidente la polizia. Però mentre stava per andarsene gli parve di sentire un lamento provenire dall’auto.

Guardò meglio nell’abitacolo: qualcosa si muoveva appena. Pietro riuscì ad aprire una delle portiere posteriori e, infilatosi dentro, poté vedere, seminascosta da una coperta, una terza persona che sembrava respirare. Sollevò la coperta e vide il volto di una donna dalla pelle nera insanguinata, una giovane donna che mormorava parole incomprensibili. Pietro cercò alla svelta la cintura di sicurezza, la slacciò, prese la donna tra le braccia, la portò fuori dalla macchina e la trascinò ad alcuni metri di distanza. Fece appena in tempo: con gran fragore l’auto si incendiò.

Subito dopo, chiamati da altri testimoni, arrivarono i soccorritori che portarono la ragazza ferita all’ospedale, mentre la polizia stradale seguiva la solita prassi per gli incidenti gravi. Pietro il giorno dopo volle informarsi dello stato di salute della ragazza e seppe che era stata ricoverata in prognosi riservata all’ospedale di Aosta. Allora egli iniziò a recarvisi assiduamente, con il bello e il brutto tempo, per avere notizie precise.

Per qualche settimana le condizioni della giovane furono stazionarie, ma in seguito i medici la dichiararono fuori pericolo, pur non prevedendo la completa guarigione in tempi brevi. Appena lei fu in grado di parlare e le raccontarono quanto le era accaduto, volle conoscere l’uomo cui, a detta di tutti, doveva la vita: quello che l’aveva tirata fuori dalla macchina in stato di incoscienza, prima che l’auto prendesse fuoco. Così Pietro conobbe la ragazza e andò a farle visite quotidiane e, a poco a poco, nacque tra loro una bella amicizia.

La ragazza, che si chiamava Malika , gli raccontava che il giorno dell’incidente era appena partita per una vacanza in Italia con due suoi amici, marito e moglie, dalla Svizzera, il suo Paese, e che alla guida dell’auto c’era l’uomo, giovane e un po’ troppo sicuro di sé, che stava telefonando mentre affrontava i tornanti, si era distratto ed aveva perso il controllo del mezzo. Fortuna per lei che era seduta dietro con la cintura di sicurezza, ma ancor più fortuna che ci fosse stato Pietro a salvarla.

Pietro si schermiva dicendo che quel giorno stava proprio sperando che le arrivasse dall’alto una donna e così alleviavano con un sorriso i tristi ricordi di quel tragico incidente. Malika raccontava a Pietro della sua vita in Svizzera e, quando lui diceva che solo il cioccolato in Svizzera era nero, lei ripeteva la storia della sua famiglia, una famiglia benestante di Ginevra che si impegnava per conto dell’Unicef ad aiutare i bambini diseredati dei Paesi sottosviluppati.

I suoi genitori, Gilles e Monique , pur essendo nati in un ambiente ricco e non avendo alcuna necessità da soddisfare, avevano da sempre intuito che non si può vivere bene pensando solo a se stessi e, una volta sposati , avevano deciso di dedicarsi insieme ad una giusta causa. Avevano frequentato molto l’Africa, impiegando tempo e denaro per assistere i bambini bisognosi di cibo, cure ed istruzione, prendendo a tal cuore la loro missione da adottare una bimba appena nata: Malika.

L’avevano portata in Svizzera e l’avevano educata come fosse davvero loro figlia, mandandola nei migliori collegi e circondandola di tutto il loro affetto. Ma Malika non aggiungeva che adesso che era cresciuta l’amore dei genitori non le era più sufficiente: cercava quello di un uomo e ora, grazie ad un drammatico incidente, forse l’aveva trovato.

Anche Pietro sentiva che nella sua vita finalmente qualcosa era cambiato . Guardava quel musetto scuro e si commuoveva al punto da specchiarvisi : gli pareva che ogni reazione istintiva di Malika fosse la stessa che avrebbe avuto lui, che le emozioni della ragazza fossero le sue stesse emozioni, che si conoscessero da sempre e stare con lei gli dava una felicità mai provata.

Aveva capito di amarla e, quando era a casa da solo, meditava sulla decisione da prendere: chiederle o no di sposarlo? Ma lui era molto più vecchio di lei, era di un’altra generazione! Ma che importava? Lei era molto più matura della sua età e quando lo baciava sulle guance o si faceva tenere la mano da lui non mostrava alcun ribrezzo. Certo le sue attenzioni erano ricambiate, ma Pietro doveva raccogliere tutto il suo coraggio per rivelarle i suoi sentimenti, doveva trovare l’occasione opportuna.

Intanto, nell’attesa, pensava a tutto il periodo di solitudine trascorso nella baita, prima dell’incidente che avrebbe cambiato per sempre in meglio la sua vita. Era stato nascosto per anni per non farsi rintracciare dall’Interpol, aveva persino assunto un’altra identità e aveva sconfessato la parte più odiosa della sua personalità, abbandonando i piaceri lascivi e immorali che avevano contraddistinto la sua giovinezza.

Aveva passato anni rimuginando sul male commesso per riportare la sua anima sulla via dell’onestà, leggendo e riflettendo e cercando di rimediare alle sue colpe col condurre una vita appartata e frugale, in cui l’unico sollievo gli era dato dal contatto con la natura. Che ne sapevano gli uccellini che gli facevano compagnia dei suoi trascorsi in Africa? Che giudizio potevano dare di lui i cervi che si avvicinavano alla baita? Non certo quello severo col quale la sua coscienza continuava a tormentarlo.

Tutti gli sforzi per acquietarla non erano serviti a nulla e, allora, basta! Aveva espiato abbastanza! Ed era riuscito a farla franca, perché i suoi delitti erano caduti in prescrizione. Decise che era giunto il momento di agguantare la sua occasione di rinascita: Malika era, con tutta evidenza, la sua metà della mela ed egli era pronto a coglierla.

Si recò all’ospedale deciso a chiederle di sposarlo e iniziò dicendole che sapeva d’istinto che lei avrebbe accettato di ascoltarlo, mentre le apriva il suo cuore. Ma, prima ancora che Pietro potesse dare sfogo ai suoi sentimenti, Malika gli disse:“Ascolta invece tu me, per favore: sono sicura che, sensibile come sei, potrai condividere con me un grande segreto.

C’è un fatto della mia vita che mi angoscia da sempre, da quando i miei genitori mi rivelarono qualcosa sulla mia nascita. Lo vedi che la mia pelle non è del tutto nera, ma ha una sfumatura color caffelatte? Io sono figlia di una prostituta bambina, una di quelle poverette che vengono sfruttate dai loro magnaccia neri e dagli uomini bianchi che vanno nei paesi del terzo mondo a fare turismo sessuale, e mio padre magari era addirittura un mercante d’armi. Mia madre morì di parto e lui era un bianco a cui non importava di rovinare una bimba , ma solo il suo piacere personale..

Ora quello che mi angustia è che dicono che, nonostante l’educazione, l’istinto trasmesso con i geni può influenzare ugualmente il tuo carattere. Ho conosciuto qui François, un medico, e ci siamo innamorati. Vorrei un consiglio da te, che potresti essere mio padre, pensi che debba confessargli tutto sulle mie origini?”

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L’altra metà della melaultima modifica: 2017-01-10T22:19:38+01:00da picci-teacher
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2 pensieri su “L’altra metà della mela

  1. Carino il racconto, tocca molti temi d’attualità, e soprattutto lascia spazio x riflessioni sui sentimenti umani……Brava!
    Valeria

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