La borsa

di Annalisa Rabagliati

Bella. Bella e sicuramente nuova. Una borsetta alla moda , rigida, a forma di trapezio, con i manici corti, senza la pratica tracolla che agevola una donna indaffarata. Una borsetta elegante, di cuoio martellato, tinto di azzurro, stava appesa sola soletta ad un carrello della spesa del supermercato, nell’angolo del parcheggio destinato ai carrelli vuoti.

Maria la contemplava adorante e stupita. Possibile che  avesse potuto essere dimenticata? La borsa è un’appendice della donna, come si fa ad abbandonarla? Si guardò intorno pensando di essersi sbagliata: forse la proprietaria era nei paraggi. Il parcheggio però era deserto, nonostante fosse sabato pomeriggio, perché c’era una partita della nazionale in tv e molti avevano rimandato il momento degli acquisti.

Maria, non scorgendo nessuno, decise di portare la borsa alle cassiere del super. La prese in mano e notò che era particolarmente pesante. Cosa poteva esserci dentro, il piombo? Certo le donne erano capaci di riempire le loro borse con qualsiasi cosa e lei stessa era l’esempio di questo comportamento: bastava soppesare la sua per accorgersene. Consegnò quella trovata alla cassiera ed ella le rivelò che accadeva spesso una simile dimenticanza al momento dello svuotamento del carrello della spesa.

Maria tornò alla sua auto e mentre stava ancora pensando che per scordare la propria borsa occorreva essere ben affannata o distratta , vide arrivare a forte velocità un Suv nero. La macchina si fermò vicino ai carrelli vuoti, le portiere si spalancarono e ne scesero alla svelta un uomo e una donna che andarono a spostarli e a rovistare affannosamente . Maria si fece avanti e disse loro che se cercavano una borsa l’avrebbero dovuta chiedere alla cassa del supermercato, dove lei l’aveva consegnata. La donna, una trentenne snella e vestita in modo sportivo, ma elegante, la ringraziò e si precipitò nel magazzino.

Maria posò l’ultimo dei sacchi della spesa nel bagagliaio della propria utilitaria e rimise a posto il carrello. A quel punto le si avvicinarono i due che stavano tornando al Suv dopo il recupero.
“Grazie signora, per averla presa, sapesse che paura di perderla ho avuto!” disse la giovane donna
“Non speravamo certo di ritrovarla, con tutti i balordi che girano sempre qui intorno!” aggiunse l’uomo, un tipo distinto, un quarantenne atletico e ben vestito.
“Questa sera non c’era nessuno, è stata fortunata” rispose Maria, vergognandosi un po’ del proprio abbigliamento dimesso.
“Sono stata così sbadata, ma con tutte le cose a cui devo pensare, a volte può succedere …”si giustificò la giovane.
“Signora, non sappiamo come ringraziarla, la prego di accettare una mancia per il ritrovamento!” disse l’uomo
“Ma non è proprio il caso, stia tranquillo!” si schermì Maria
“No, davvero, posso offrirle una pizza?” e l’uomo le tese un biglietto da cinquanta euro
Maria rifiutò: “Ma assolutamente no, si figuri!”
“Mi permetto di insistere! Guardi, se no mi offendo!”
“Sono io che mi offendo se insiste: ho fatto solo quello che spero che succeda a me se mi dovesse capitare lo stesso!” concluse Maria e salutò con un sorriso.

Salì in macchina e, andando verso casa, non poté fare a meno di pensare che se le avevano offerto una ricompensa probabilmente nella borsa c’era una somma considerevole. Ma lei aveva fatto bene a non accettare: aveva agito per puro spirito civico e, come avrebbe detto suo marito, se anche le avessero dato cento euro non sarebbe diventata più ricca per questo, né si sentiva più povera per aver rifiutato il denaro, anzi, era contenta come una ragazzina, come un boyscout che aveva compiuto una buona azione. Non vedeva l’ora di raccontare l’accaduto a casa.

Anche a bordo del Suv nero l’insperato ritrovamento diventò l’oggetto dei commenti.
“Che fortuna è stata ritrovare la borsa!” disse l’uomo.
“La fortuna è che ci siano ancora persone così oneste.” Lo corresse la donna.
“Sì, ci è andata bene, ma tu avevi proprio bisogno di portartela dietro?”
“Le donne non si separano mai dalla loro borsa, dovresti saperlo!”
“Non sto parlando della borsa, hai capito benissimo: pensa se la signora avesse guardato dentro!”
“Meno male che non ci ha guardato neanche la commessa! È bastato descriverle la borsa per convincerla che era mia!”
“Quello che l’ha convinta è che ho fatto squillare il tuo telefono nella borsa davanti a lei, così non l’ha aperta. Comunque ti ripeto che potevi lasciarla a casa…”
“E poi dovevamo tornarla a prendere …”
“È vero, abbiamo già perso un sacco di tempo. È meglio che ci sbrighiamo ad andare dall’orefice”.
“Dimmi una cosa, perché dobbiamo servirci proprio lì? Non è un negozio di second’ordine?”
“Ma che dici? Sapessi quanta scelta ha e quanta clientela! Io dico che ha un bel giro d’affari, anche se è un po’ fuori mano …”
“E a quest’ora, visto che c’è la partita, non dovrei trovare altri clienti..”
“Saranno tutti a tua disposizione! Ma tu sai cosa devi chiedere? Ti ricordi quello che ti ho spiegato?”
“Ovvio! Non sono mica smemorata ….”
“A parte dimenticare le borse in giro …”
“Spiritoso! Vuoi litigare?”
“Non ora, è già stata una giornata molto agitata. Adesso ti accompagno davanti al negozio, entri da sola, dici quello che vuoi e quando hai finito esci senza perdere tempo. Io ti aspetto fuori e partiamo subito. Ok?”
“Sì, amore. Mi dai un bacio d’incoraggiamento?”
“Ma certo, cara, non ti preoccupare: vedrai che dopo sarai soddisfatta. Eccoci arrivati.”
L’uomo accostò l’auto al marciapiede per far scendere la donna, ma prima di lasciarla uscire le fece un’ultima premurosa domanda: “Avevi controllato che la pistola fosse carica?”

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La borsaultima modifica: 2017-04-11T22:35:12+02:00da picci-teacher
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