In vacanza da sola

di Annalisa Rabagliati

Sto guidando lungo la provinciale che da Pontedera mi porterà sulla statale per raggiungere Piombino. È buio, gli abbaglianti della mia Mini falciano l’oscurità e dal finestrino aperto giunge solo il rumore del motore a turbare l’assoluto silenzio della notte estiva.
Sono eccitata e fiera di me, ma provo anche un sottile senso di larvato sgomento al pensiero di che cosa potrei mai fare senza aiuto, nella notte, se avessi un incidente o un guasto. Però se forassi potrei seguire passo passo le istruzioni che papà mi ha scritto su un foglio e messo accanto alla ruota di scorta. Dev’essere stato difficile per lui e la mamma, come credo sarebbe stato per quasi tutti i genitori della loro generazione, così apprensiva ed autoritaria, accettare che la figlia che considerano ancora una ragazzina andasse per conto suo in vacanza in macchina, anche se siamo già negli anni 70!

Per scacciare pensieri negativi mi metto a pensare a quello che mi ha portata fin qui.
Veramente non sono partita del tutto sola , ma con un gruppetto di colleghi e alcuni loro amici per un giro turistico nel centro Italia. Fin da subito, però, hanno iniziato il gioco “chi di noi è il più istruito ed intelligente”, rendendo in capo a due giorni l’aria irrespirabile.
A Pisa abbiamo passato la notte in un’infima locanda a poco prezzo, dove sono stata mandata a dormire in un’orrida stanzetta al fondo di un corridoio buio, oltre un cortile non meno buio. Quelle ore le ho trascorse con una certa angoscia perché, nonostante la luce fioca, si godeva la vista delle pareti umide della camera, probabile domicilio di ragni ed altri deliziosi animaletti e la porta d’ingresso non si chiudeva. Ci ho messo contro una sedia, ma un altro problema era il bagno che si trovava al fondo del corridoio buio. Per rimediare, non senza difficoltà, ho fatto la pipì nel lavandino e, coricandomi ho pensato, come Eduardo: “Ha da passà ’a nuttata!”

Quando siamo giunti alla tappa di Firenze ho compreso che in quel gruppo io giocavo il ruolo di pedina utile solo perché avevo la macchina, ma ora la mia presenza era diventata del tutto superflua per l’arrivo di un altro amico munito di auto aggregatosi alla compagnia.
Ho deciso perciò di sganciarmi e ho avvertito della mia intenzione di andarmene, notando che nessuno era particolarmente rattristato dalla mia defezione. Quindi sono partita alla volta di Pontedera dove c’è la mia amica Giulia.
Sono miracolosamente riuscita a telefonarle e naturalmente lei mi ha assicurato di aspettarmi a braccia aperte, anche se sta per recarsi in vacanza, anche senza che io le abbia dato un preavviso di giorni, come usa tra noi Torinesi. Anzi, mi ha invitata ad andare con lei a Punta Ala, per iniziarmi alle gioie del campeggio.

Durante il percorso per Pontedera, lungo la statale Firenze – Pisa, mi sono fermata nella deliziosa San Miniato e ne ho assaporato in silenzio la bellezza, senza dover sentire commenti e litigi da primedonne di saputi e pseudoacculturati. Ma soprattutto ho iniziato a godere della possibilità di bastare a me stessa, decidere e viaggiare libera ed autonoma.
Nel campeggio a Punta Ala con Giulia avevo tutta per me una tenda canadese omologata per due, ma in realtà così piccola che ero obbligata a mettermi sdraiata per infilarmi i pantaloni. Lì di notte mi coricavo infreddolita per l’umidità della pineta e mi svegliavo la mattina sudata per il sole al suono del vociare ed imprecare dei vicini. Però prima di andare a dormire la sera, quando le famiglie si ritiravano nelle roulottes ,Giulia ed io ci agghindavamo ed andavamo a ballare e al ritorno era tutto un discutere ed un ridere perché non trovavamo le nostre tende nell’immenso campeggio.

È stata una settimana felice! Poi siamo tornate a Pontedera dove mi aspettava un messaggio lasciato da mia madre. Superati i suoi timori di donna all’antica mamma si era fatta in quattro, andando al telefono pubblico del nostro paesino di vacanza del Canavese, per cercare di comunicarmi, tramite la famiglia di Giulia, la proposta di unirmi a Piombino a conoscenti Canavesani che si recano all’Elba.

Per raggiungere i Canavesani all’imbarco del ferry ho dovuto alzarmi nel cuore della notte e le mie poche ore di sonno sono state turbate più che da una zanzara molesta, che ci ha messo del suo, dalla preoccupazione della levataccia. Ma ora, mentre percorro la strada, sono tranquilla e ripensare all’esperienza passata mi ha fatto trascorrere veloce il tempo: l’ aurora inizia a schiarire la terra ed ecco che mi sono immessa nella statale per Piombino, trovando un discreto quanto gradito traffico.
Che cosa mi attenderà dall’incontro con persone quasi del tutto sconosciute? E se fossero boriose come gli ex compagni di viaggio? Beh, almeno vedrò l’isola d’Elba e mi adatterò.

Mentre formulavo questi pensieri, in quell’estate dei primi anni 70, non sapevo ancora che una compagnia di gente allegra, semplice e disponibile mi avrebbe accolta con simpatia e che le immagini della vacanza all’isola d’Elba, come quelle di Punta Ala con Giulia, sarebbero rimaste per sempre impresse nella mia memoria.
A distanza di decenni ricordo ancora il divertimento puro ed innocente, la spaghettata di Ferragosto, i giri con il gommone e i bagni nell’acqua cristallina, con il giubbotto salvagente, per me che non sapevo nuotare. Ricordo la libertà dagli schemi vissuta nel piccolo campeggio di Capoliveri, adagiato sulla parete della montagna lambita dal mare. Ricordo il profumo della pineta e la sensazione di contatto con la natura data dal calpestare gli aghi di pino sulla sabbia del terreno. Ricordo i canti degli Alpini intonati sulla spiaggia e i balli in cui più di uno mi fece, come si diceva allora, il filo. Io però non ero interessata, ero già reduce da una delusione e preferivo stare in compagnia di tutti , ridere, godermi indipendenza e autonomia, inattese scoperte.

Adesso le ragazze vivono certamente in modo più libero di quelle della mia generazione e alcuni particolari, come la mancanza della comodità di telefonare, la stranezza di essere una donna sola in viaggio o la possibilità di uscire tardi la sera sono privi di significato o del tutto normali per loro, per le quali certe cose non sono una conquista, come lo furono per noi che, nate in una società ancora maschilista, avevamo genitori più severi di quelli di oggi. Ma a maggior ragione la mia prima vacanza da sola mi rimane in mente e mi comunica tuttora sentimenti di gioia.
Se anche tu che stai leggendo hai ripensato alla prima esperienza in cui ti sei sentita indipendente e libera perché non la scrivi e me la invii? Credo che sia bello condividere il ricordo di certi momenti unici, quelli che forse le nuove generazioni non hanno avuto la fortuna di provare.

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

In vacanza da solaultima modifica: 2018-03-06T15:37:11+01:00da picci-teacher
Reposta per primo quest’articolo