Giornata della donna

mimosa
di Annalisa Rabagliati

Inesorabile come il Festival di Sanremo anche quest’anno si festeggia l’8 marzo e siccome nel mio libro DonnaPop parlo della figura della donna nel canto popolare mi sento in obbligo di ripetere quanto è importante celebrare questa giornata. La società dovrebbe sentirsi in colpa per averla trasformata in una festa banale, una ricorrenza per comprare regali e fiori, rose a san Valentino, mimose l’8 marzo … ne abbiamo già parlato. È vero che l’economia deve girare, ma così i giovani non sanno distinguere tra una tradizione importata per motivi commerciali e una ricorrenza condivisa dalle donne di tutti i Paesi per celebrare le conquiste ottenute. I ragazzi non sanno il vero significato delle parole maschilismo e femminismo, né qual era il sentire comune diffuso un tempo, un pregiudizio sulla donna lontano anni luce dal pensiero odierno. È compito nostro, della nostra generazione, spiegarglielo.

Ad esempio una volta quando gli uomini trovavano una donna sola si sentivano autorizzati a fare profferte amorose più o meno esplicite. Quello che ora chiamiamo stalking, se non era addirittura violenza. E la colpa veniva attribuita non a chi compiva gli atti indegni, ma a chi li subiva! La vergogna e la paura del giudizio spingevano spesso le vittime a tacere. È vero che c’è stato il coraggioso esempio di Franca Viola che nel 1967 rifiutò un matrimonio “riparatore”, ma per lungo tempo le cose sono continuate pressappoco allo stesso modo.

Oggi che abbiamo leggi contro stalking, mobbing e disparità di genere può sembrare incredibile, ma le statistiche dicono che una donna su tre è vittima di violenza nella sua vita. Adesso finalmente, grazie al movimento #metoo, nato in questi ultimi mesi, si parla apertamente di ciò che succede in certe situazioni di lavoro, in cui ricattatori sessuali e seriali approfittano della debolezza di persone che sono in condizione di inferiorità economica o di subordinazione lavorativa. Queste molestie sessuali ci sono sempre state, ma solo ora le donne hanno trovato la forza e il coraggio di denunciarle, perché fortunatamente la mentalità della gente è cambiata. Ma secondo voi le molestie, anche minime, non incidono almeno in parte, sulla personalità delle vittime? È quello che mi sono chiesta ed ho scritto in merito un breve racconto, una storia che potrebbe essere vera. Se la volete leggere la trovate al link http://letturainattesa.myblog.it/2018/01/16/borsalino-nella-nebbia/

Un’altra differenza tra ieri e oggi: ieri l’uomo era più gentile, più cavaliere, almeno con le donne che riteneva meritevoli di rispetto, oggi è ben raro trovare questa galanteria. Che cosa scegliereste, potendo, il comportamento maschile di ieri o quello di oggi? L’uomo adeguava il suo atteggiamento a seconda della donna che incontrava, ma il suo fine era sempre quello … forse oggi gli uomini sono più rozzi, arrivano subito al dunque, ma anche noi donne vogliamo piacere a tutti i costi e non accettiamo, a volte, lo scorrere del tempo.

Pensate a tutte quelle già famose che, superati ampiamente gli anta, si rifanno il viso, con punturine, botox, lifting, tanto da sembrare pupattole senza età tutte identiche. Si sottopongono a tutto pur di continuare ad apparire come una ventenne … Un uomo lo farebbe? Parliamo tanto di emancipazione e poi ritorniamo volontariamente all’eterno stereotipo di donna oggetto contro cui ci si è tanto battute. Ma perché? Molière disse che il desiderio più grande della donna è suscitare l’amore e credo sia vero: Piero Angela direbbe che è una necessità biologica. Io penso che la bellezza può essere una scorciatoia, sia in amore sia per la carriera, ma se non c’è sostanza potrai interessare solo uomini altrettanto privi di sostanza .

Tornando all’8 marzo, dev’essere chiaro che non si celebra la giornata di una guerra tra generi: non vi sono vincitori né vinti. Si tratta di ricordare la lunga strada percorsa per conquistare pari diritti e per fortuna vi sono sempre più uomini che si rendono conto che non basta essere gentili un giorno all’anno con la retorica del “che bello che ci sono le femmine”, ma bisogna che ci siano davvero pari opportunità, soprattutto nel campo del lavoro, dove , secondo quanto scrivono i giornali, la retribuzione femminile, nonostante la legge del 1965 che la equiparava a quella dell’uomo, è spesso inferiore, l’occupazione stabile rimane al di sotto del 50 %, mentre quella maschile è al 66%, e lo sfruttamento del precariato e la sottooccupazione per le donne sono maggiori.

Ma il cammino della donna verso la parità è puntellato anche da piccole conquiste della vita quotidiana. Mi spiego: i giovani non vi crederanno mai se direte loro che le donne fino a non molto tempo fa, pochi decenni, non andavano in giro da sole di sera e se non erano con qualcuno non entravano in un bar, non andavano a vedere uno spettacolo o al cinema. Il mutamento di abitudini è stato lento e graduale. Secondo me questo cambiamento è dovuto al passaggio dalla società rurale e perciò patriarcale alla società industriale che ci ha tolto molto della genuinità di un tempo, ma, grazie al benessere diffuso e al livello di istruzione più alto, ha consentito una mentalità più aperta. Da qui l’esigenza di Leggi che garantiscono una vita sempre più paritaria tra uomini e donne e che hanno cambiato il punto di vista della società sulla donna , ma come in un circolo vizioso, le leggi arrivano perché cambia il giudizio sulla donna.

Io, che ho vissuto l’epoca di transizione, negli anni 70, ho voluto parlare della mia prima esperienza di indipendenza e autonomia in un breve racconto. Lo trovate al link
http://letturainattesa.myblog.it/2018/03/06/in-vacanza-da-sola/
Chissà quante mie coetanee si identificheranno? Se anche voi ricordate gli avvenimenti che vi hanno rese più autonome perché non li scrivete e me li mandate sul blog?

Però mentre le donne si evolvevano, rivendicando il dritto di fare le cose dei maschi ed essere libere come loro, certi uomini rimanevano ancorati ad una visione arcaica della donna. Per questi mentecatti se una si comportava liberamente era una facile preda. Forse con questo metro di giudizio rimediavano alla legge del 1958 che aveva finalmente abolito la schiavitù sessuale nelle case chiuse, luoghi di antico privilegio e falso mito del maschio.
Ora siamo nel XXI secolo, ma assistiamo ad una recrudescenza di femminicidi, parola che viene perfino negata da alcuni. Dicono che basta la parola omicidio, ma se è vero che i delinquenti ci sono sempre stati, è altrettanto vero che di solito non stanno nel tuo letto!

E di nuovo, pochi giorni fa, l’ennesima strage di figli innocenti, l’ennesimo tentativo di femminicidio/suicidio da parte di uno di quegli uomini che quando la donna che considerano di loro proprietà cerca di far rispettare la propria volontà reagiscono con una violenza assurda, cieca e talvolta premeditata. In Italia nel 2017 vi sono stati 117 femminicidi. Praticamente uno ogni tre giorni!

Perché questi femminicidi non si placano? Non c’è bisogno di essere sociologi per capire che sono perpetrati da uomini rimasti all’età della pietra, quando era considerato giusto e normale il predominio dell’uomo sulla donna. Uomini che non accettano una figura di donna emancipata, più consapevole, diversa dal modello femminile a loro caro. Essi la temono, non è rassicurante , non sanno come affrontarla. Non appare ai loro occhi giustificabile la decisione della donna di scegliere liberamente. Una colpa grave da espiare.

Il femminicidio è un problema di educazione. Una volta i figli maschi erano allevati in modo diverso rispetto alle femmine. C’erano ruoli prestabiliti che oggi non ci sono più. Le madri viziavano di più i figli maschi, perché erano altro da una donna e destinati al sostegno della famiglia, mentre le femmine dovevano rassegnarsi ad essere graziose comparse. I padri si rispecchiavano nel figlio che doveva crescere senza debolezze, giudicate donnesche.
Le donne mettevano in campo la furbizia, che è una forma diversa di intelligenza. L’uomo, anche se non aveva forza bruta, era circondato da una protezione psicologica che veniva spesso proprio dalle donne. Era guardato con favore da loro, che vedevano in un’altra donna un’eterna rivale, e dagli uomini per solidarietà di categoria.

Ora che la società si è evoluta la donna ha conquistato un posto più degno e mentre gli uomini intelligenti si trovano a loro agio, quelli meno capaci non riescono ad adeguarsi al cambiamento e si rifugiano in falsi stereotipi di forza che può tramutarsi in violenza.
Ma io sono ottimista. Io ho fiducia: le madri ora educano i figli al rispetto tra i sessi ed esistono uomini degni di questo nome che si schierano sempre con le donne contro qualsiasi forma di violenza fisica, psicologica o culturale.
Perciò non dobbiamo contrapporre uomini e donne né generalizzare. Ognuno è un individuo: pochi uomini sono violenti, non tutte le donne sono delle ingenue. Ed è bello che ci siano differenze tra noi, perché ci rendono complementari e desiderosi di trovarci e, perché no, di innamorarci.
Se no che senso avrebbe essere uomini e donne se non ci si potesse incontrare per amore?

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Giornata della donnaultima modifica: 2018-03-07T16:31:16+01:00da picci-teacher
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