Io al Salone

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di  Annalisa Rabagliati

Ce l’ho fatta! È uscito il mio secondo libro, quello sul cibo!
Il titolo è “Il canto del cibo”, edizioni Yume. Giusto in tempo per il Salone del libro 2018, quello che ha come slogan: “Un giorno, tutto questo”.
Fortunatamente non scrivo per arricchirmi, né per vivere: ho già la mia pensione, però se fossi una velina o un calciatore il gioco sarebbe fatto, la vendita colossale assicurata. Devo farci un pensierino. Certo alla mia età è dura sperare di diventare velina o calciatore … Mi consolo pensando che non ho un ghost-writer alle spalle, che scriva al posto mio. È tutta farina del mio sacco. [ Questa frase fatta è un modo di dire che ho citato nel libro, ecco perché la scrivo. N.d.r.]

Ho sempre desiderato scrivere e a quindici anni avevo anche iniziato, ma la vita vera è fatta di lavoro per il pane assicurato e a questo mi sono dedicata anima e corpo. Non potevo, né posso tuttora dedicare una fetta di tempo troppo consistente alla scrittura.
Prima, quando lavoravo, avevo da progettare percorsi di insegnamento, creare storie per gli alunni, programmare le lezioni, approfondire le mie conoscenze sugli argomenti da trattare, frequentare corsi di aggiornamento e poi , con l’avvento di internet, cercare tra una montagna di spunti idee nuove per la didattica. In pratica c’era da studiare, ancora e sempre, ma facendolo con voglia, con piacere.

Questo non mi lasciava spazio per darmi alla scrittura libera, extralavorativa. Mi sono sempre chiesta come fanno a gestire il problema i numerosi insegnanti che scrivono e pubblicano libri. Che bravi! Io, mentre ero in servizio, non ci ho mai nemmeno provato. Anche perché se hai una famiglia e una casa devi trovare il tempo da dedicar loro.
E allora? E allora quando,decrepita, riesci ad andare in pensione, trovi finalmente il tempo per i tuoi interessi, per le tue passioni gratuite. Sei vecchia, ma vorresti ancora dire la tua.

Guardo la mia foto nell’aletta posteriore della copertina. Vedo una donna, già di una certa età, né bella, né brutta, con un sorriso sereno. Chissà che impressione darà agli eventuali possibili lettori? Li farà fuggire o si immedesimeranno? Forse identificheranno me nella protagonista del mio saggio e non andranno molto lontano dalla verità perché Ava mi somiglia molto, almeno nelle idee.

“Come? Un saggio con un protagonista? Ma che saggio è?” vi chiederete. Beh , intanto è un saggio breve, anzi, trattando di cibo, possiamo definirlo un “assaggino”. Poi , come nel mio primo libro, consiste nel dialogo tra Ava, una nonna, e Picci, sua nipote, che questa volta parlano di diete e di cibo.
Picci vorrebbe dimagrire, ma Ava ha paura che la ragazzina diventi anoressica e vuole, invece, che continui a mangiar bene. Come farà a convincerla? Ad un tratto le viene in mente che quando Picci era piccola … Ops! Senza volerlo stavo per riscrivere il libro. Chi vuole saperlo è meglio che vada a leggerselo, così facciamo prima.

Perché non ho tempo da perdere, devo sbrigarmi a correre al Salone, non sto più nella pelle! Ora infatti andrò al Salone del Libro e alla Reception Professionali cercherò di farmi cambiare lo status da insegnante a scrittore: in fondo è la mia seconda esperienza. Pagherò la quota prevista per gli scrittori (che è quella che ho sempre pagato come insegnante) ed entrerò con una consapevolezza nuova, pensando come Snoopy : “Ecco il grande scrittore seduto al bordo del campo … Era una notte buia e tempestosa …” No, quella è un’altra striscia!

Esageruma nen! Non mi sentirò un personaggio “speciale”. Faccio parte del popolo del Salone. Sono un animale da salone. È dal 1988 che cerco di non perdermene uno. Nei suoi 31 anni sono mancata solo due o tre volte: nel 94 perché il mio Coro era in trasferta a Venezia, l’anno scorso perché mi avevano operata al menisco.

Ma non vado solo per vedere le opere che in libreria normalmente non trovo o per farmi regalare inutili gadget. Vado per sentire le conferenze dei miei eroi, gli scrittori veri, quelli colti, per i quali ho speso un sacco di soldi per comprare una copia del loro ultimo libro da far firmare.

Sono di quelli, anzi di quelle, che girano col programma in mano o lo hanno già scaricato sul tablet, e scappano di corsa da una sala dove hanno assistito ad un dibattito per andare a cercare di intrufolarsi in un’altra sala. Mangiano velocemente una pizza in piedi, per incastrare gli appuntamenti senza perdere tempo e trattengono il più possibile la pipì per non perdere, andando a far la fila ai servizi affollati, il vantaggio acquisito sugli altri. Si mettono in coda davanti ad una porta chiusa, aspettando che qualcuno si stufi ed esca, per prendere il suo posto.

Ricordo code e resse non solo al Lingotto, ma anche a Palazzo Esposizioni, agli albori della manifestazione, subito rivelatosi troppo piccolo. E ricordo con emozione l’ansia che ti prende durante un dibattito ogni volta che chiedono al pubblico se ci sono domande. Il cuore ti batte fortissimo, hai paura di dire stupidaggini, di far brutta figura, ma alla fine alzi la mano per farti dare il microfono. E una volta, nel 2001, il mio intervento fu così convincente che tutta la sala (500 persone) mi applaudì con partecipazione.

A partire da oggi di nuovo sarò una dei tanti che corrono da una presentazione all’altra, che fanno code di ore per ascoltare lo scrittore che amano. A me piace fare quelle code, conosco persone che mi somigliano e tra noi si crea una commistione di sentimenti di competizione e fratellanza e il premio sarà la conquista di un posto nella sala che ospita uno dei miei scrittori preferiti. Riderò quando il mio idolo farà battute spiritose, mi troverò d’accordo quando affermerà qualche idea che condivido, mi commuoverò se racconterà aneddoti toccanti.

E, chissà, quando avrò cent’anni, se mi impegno con costanza, tutto questo un giorno si realizzerà: sarò io il personaggio per cui la gente fa la coda al Salone.
Sempre che quel giorno il Salone ci sia ancora!
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Io al Saloneultima modifica: 2018-05-10T09:36:18+02:00da picci-teacher
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