Nora

di Annalisa Rabagliati
zuppiera (2)
Riccardo, Alessandro o Matteo. No, magari Luca o Eugenio, o, meglio, Fabrizio, come il padre, quel padre che non gli aveva permesso di vivere.
Nora era rimasta ferma, con il coltello in mano, incantata a pensare al nome da dare al figlio che non avrebbe mai avuto. Davanti a lei cinque grossi cavoli attendevano di essere affettati. Meccanicamente ne prese uno, lo pose sul ripiano di legno, gli tolse il torsolo con il coltellaccio e lo tagliò a metà, ottenendo due specie di semisfere. Ne appoggiò una di piatto e la affettò con tagli distanti circa un centimetro l’uno dall’altro, per ottenere delle strisce.

La signora, adulandola, definendola la miglior cuoca della città, l’aveva convinta a preparare una zuppa. Non si rendeva neppure conto, quella arricchita, che una minestra di cavoli non era adatta ad un ricevimento. Nora riavvicinò le strisce di cavolo per ricomporre la semisfera che adagiò su un vassoio d’acciaio in attesa della cottura. Alla signora pareva essenziale che il cibo fosse servito in una zuppiera preziosa, tanto per ostentare, per mostrare ai futuri consuoceri la ricchezza di famiglia.

In quella famiglia Nora, che ricca non era, aveva dovuto accettare di lavorare, ma sapeva di aver più classe lei dei padroni di casa. Una casa in cui aveva svolto ogni mansione: cuoca, cameriera, segretaria, governante, nave-scuola … Nora prese la metà del cavolo rimasta, l’appoggiò di piatto e l’affettò con tagli distanti circa un centimetro l’uno dall’altro, per ottenere altre strisce, che adagiò ordinatamente accanto alle prime. Si specchiò nella parte sgombra del vassoio d’acciaio per cercare conferma della propria bellezza.

Era bella Nora, di una bellezza austera che l’uniforme modesta non riusciva a mortificare. Aveva, nonostante l’età, forme desiderabili e un ovale perfetto, incorniciato da capelli biondo scuro, naturalmente ondulati. Nel volto segnato da piccole rughe gli occhi cerchiati dal gran piangere spiccavano luminosi, ma uno sguardo attento vi avrebbe riconosciuto rimorso e rimpianto. Nora prese con le mani affusolate, dalle unghie curate, ma prive di smalto, un altro cavolo, lo pose sul ripiano di legno, gli tolse il torsolo con il coltellaccio e lo tagliò a metà, ottenendo altre due semisfere.

Aveva sempre attratto gli uomini giovani. Nora era per loro una dea, una madre, una maestra. Dopo aver imparato essi andavano altrove a mettere in pratica. A lei non importava di solito, ma questa volta era diversa da tutte le altre. Si era innamorata ed aveva sognato un futuro migliore per sé e per la creatura che avrebbe donato al suo uomo. Ma poteva dire “suo” di quell’uomo?

“Nora, a che punto sei?” La signora entrò all’improvviso in cucina. Era carica di inutili orpelli e, come sempre, tutta agitata.
“Ma cosa fai lì imbambolata? Quando pensi di finire? Riuscirai a preparare in tempo per stasera? Sai che vengono i genitori di Susanna! Non vorrai che Fabrizio si arrabbi?”
“Perché? Fabrizio si potrebbe anche arrabbiare?” chiese Nora, affettando una metà del cavolo. “Ma…sì, naturalmente.” rispose la signora, stupita dell’insolita reazione della cuoca.
Nora si allontanò dal tavolo: “Lui che non si è posto il problema se mi sarei arrabbiata io, quando mi ha obbligata a disfarmi del bambino che aspettavo!” esclamò e, accostandosi a lei, aggiunse: “Non lo sapeva questo, vero?”
La signora fece una smorfia di disprezzo: “E avrebbe dovuto accontentarsi di stare con una serva, quando poteva aspirare a ben altro?”
“Come? Lo sapeva? Fabrizio le aveva raccontato?”
“No, me lo hai detto tu ora, ma sapevo che volevi accalappiarlo. Chissà cosa speravi? Che io diventassi nonna di un bastardo?”

Nora sentì crescere in sé tutta la rabbia repressa negli anni. Strinse i pugni e colpì più volte la signora, ma si accorse di aver usato il coltellaccio delle verdure che ancora stringeva nella mano solo quando lei cadde sotto i suoi fendenti, dopo aver urlato invano, incapace di proteggersi. Alle grida accorse gente e accorse Fabrizio che, vista la madre insanguinata, ordinò di chiamare un’ambulanza e la polizia e, afferrata Nora, le urlò: “Disgraziata, che cosa hai fatto?”

Nora era tornata calma con la stessa velocità con cui si era adirata. Si divincolò dalla stretta di Fabrizio e si rimise al tavolo di lavoro. Osservò la donna a terra e, come appagata, spiegò: “Non voleva essere la nonna di un bastardo. Non sarà la nonna di nessuno.”

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Noraultima modifica: 2017-12-21T16:52:44+01:00da picci-teacher
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2 pensieri su “Nora

  1. trovo queste righe molto belle, le ho lette con interesse incuriosita di capire dove sarebbe arrivata Nora.
    Ho trovato il significato di queste righe , toccante, che fanno riflettere su di una realtà, in certi periodi normale, ora spero, non esista quasi più.

    • grazie, Paola. Sono contenta che ti sia piaciuto. Penso e spero che queste cose non accadano più, a me non so come sia venuto in mente…Se hai voglia di leggere altre storie vai nella pagina principale e se hai voglia di condividere con i tuoi contatti mi fai contenta! Se ci sono problemi a trovare le altre storie fammi sapere, per favore, ciao!

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