Libro più, libro meno

libridi Annalisa Rabagliati

Su consiglio di amiche di un gruppo Whatsapp ho preso a  prestito, in momenti diversi, alcuni bestseller dalla biblioteca online. Sono state letture deliziose, perché i libri  valevano l’attesa di mesi dalla prenotazione. Chiesti in giugno e luglio,  mi sono arrivati durante il periodo natalizio, ma a distanza di quattro o cinque giorni l’uno dall’altro, forse perché chi mi precedeva in coda nelle prenotazioni aveva dimenticato di scaricarli a causa delle feste .

Piccolo problema: ogni  prestito dura quattordici giorni e i libri contavano rispettivamente, nell’ordine di arrivo, 349, 425, 171 e 332 pagine. Naturalmente ho scaricato sul pc l’applicazione per lettura di ebook, per non ripetere la faticosa esperienza di leggere una  tal quantità di pagine sul telefonino, visto che  il mio tablet si rifiuta di collaborare.  Però anche leggendo sul pc, la  sorpresa di veder arrivare troppo presto un altro libro prenotato si fa subito affanno, benché superato dal piacere di una lettura degna di completa immersione.

Il primo dei bestseller è italiano e parla di una dinastia di imprenditori. La storia dei singoli personaggi, forzatamente, è stata romanzata, pur basandosi su documenti storici. Come farebbe, infatti, l’autrice a conoscere  la personalità  e i sentimenti intimi  di persone vissute circa due secoli fa? È stata bravissima a rendere la narrazione della storia di una famiglia di successo non agiografica, senza, peraltro, dipingerla a tinte fosche come in certi polpettoni stranieri, buoni per una telenovela.

Devo dire, però, che i personaggi non mi hanno ispirato molta simpatia, se non due: il cofondatore della ditta, uomo integerrimo e serio, che rinuncia ad una vita sentimentale  propria per il bene della famiglia e la moglie, venuta dal nord, di colui che ha reso la ditta importante a livello internazionale. Questa donna capace di amare, benché  dapprima senza speranza, mostrandosi sempre compassionevole e forte, è il personaggio più  positivo, quello che alla fine la vita premia.

Ma, al di là dei rapporti tra personaggi e della loro saga familiare, mi sono piaciuti  nel romanzo i precisi riferimenti storici, in una vicenda collocata tra il periodo napoleonico e quello post-unitario,  con la descrizione di aspetti economici che non vengono  spesso menzionati nei testi di storia. Ogni capitolo, infatti, ha come premesse la situazione storica del momento e la spiegazione dettagliata della produzione e del  commercio di materie prime di cui noi oggi ignoriamo addirittura l’esistenza, oppure della cui provenienza non ci curiamo.

Eppure la storia non è fatta solo di guerre, o, meglio, queste sono sempre scaturite da problemi economici, a meno che nascessero per cause religiose o  che un motivo camuffasse l’altro. Il destino del popolo è sempre stato legato all’economia e la vita del singolo è stata condizionata dai beni materiali e dalle invenzioni nate dalla possibilità di usare certe materie prime. Questa storia minuta, che non parla di  grandi condottieri, è anche Storia.

Un aspetto che mi ha stupito è che il romanzo, di cui, ovviamente, attendo con ansia il seguito, è scritto al tempo presente, pur trattando di fatti accaduti nell’Ottocento. Mi domando perché. È forse  un modo per rendere gli avvenimenti più vicini a noi? È un modo per agevolare la lettura? Per renderla più scorrevole? Si ritiene, orribile a dirsi, che il pubblico giovane non conosca più il passato remoto? Se tu che leggi conosci il motivo me lo chiarisci, per favore?

Lo stesso uso del presente (sostituito dall’imperfetto quando venga rievocato un avvenimento trascorso) l’ho trovato  nel secondo bestseller, un romanzo francese scritto dalla moglie di un celebre regista, un libro che ha battuto ogni altro nelle classifiche italiane dei più venduti, in gran parte grazie al passaparola.

Il romanzo narra la storia di una donna cresciuta in un orfanotrofio, che nutre risentimento nei confronti della madre che non ha conosciuto,  ma sarà, al contrario, una mamma amorevole e verrà colpita da una  tragedia terribile. Nella lettura mi  sono affezionata al personaggio e ho caldamente detestato quello del marito, nonostante verso  la fine l’autrice cerchi di dargli  un risvolto  umano.

Il libro però  non racconta una sola storia, ma quella di decine di altre persone, perché la nostra protagonista è la  guardiana di un cimitero e di molti dei defunti che vi  sono sepolti vengono narrati vita,  morte e miracoli.  Una di queste narrazioni mi  ha un po’ tediata, forse perché sotto forma di diario. L’espediente narrativo principale è quello  del flashback, con capitoli di storie  diverse che si avvicendano,  che serve anche a  tenere vivo l’interesse per la trama principale, la quale diventa, senza che sia stabilito fin dall’inizio, una  trama gialla. La conclusione è lieta, per quanto può esserlo il finale di una storia che si trasforma imprevedibilmente in una tragedia che mi ha angosciata per diversi giorni.

Il problema è mio, che da un libro o da un film interessante mi lascio sempre troppo coinvolgere. Dovrei leggere fumetti e guardare solo cartoni animati, ma troverei modo di star male anche per quelli. Meglio andare su un saggio, almeno quello non ti fa patire, a meno che parli delle problematiche della nostra società …  Infatti è proprio un saggio il terzo libro che mi è arrivato il giorno dopo Capodanno.

Ed è saggio il giornalista che lo ha scritto, che ha uno sguardo colto e ragionato sul mondo in cui viviamo e sulla nostra storia. Ho parecchi suoi titoli in libreria,  perché mi piace molto il modo che ha di spiegare e divulgare. Ovvio che sul suo pensiero filosofico- religioso si  può essere o no d’accordo, ma quando  parla del nostro Paese, un giudizio così  preciso, ma pacato non si può non condividere. E poi l’uso della nostra lingua! Chiaro, esauriente, semplice! Spero che molti dei nuovi scrittori lo leggano e imparino qualcosa …

Tra i libri che consigliavano le amiche non c’era il quarto, sempre di quest’ultimo autore, che ha scritto una lunga  introduzione a un libro sui grandi artisti destinato ai ragazzi. Appena ho saputo che il  saggio era stato pubblicato l’ho prenotato e, prima dell’Epifania, l’ho potuto scaricare. Lo scrittore parla di molte figure di pittori e scultori, scegliendole e illustrandole  in ordine cronologico. Ammette l’impossibilità di presentare in un solo libro tutti  gli artisti che si sono  succeduti dall’epoca delle pitture rupestri in poi, si dedica in modo particolare ai grandi del Rinascimento italiano e inquadra opere e autori nel loro contesto storico, quello che ha influenzato anche i geni, perché nessuno vive avulso dal mondo.

Il libro è dedicato ai ragazzi, ma le citazioni dotte, le note storiche e critiche possono interessare anche chi ne sa un po’ più di loro. Si impara sempre qualcosa. Le parti del libro più specifiche sugli artisti in cui viene presentato uno dei loro capolavori si devono ad altri autori, probabilmente critici d’arte esperti, infatti riescono a illustrare molto bene le opere d’arte scelte. Ma, se è facile essere d’accordo sulla grandezza degli artisti antichi, quando si arriva ai contemporanei diventa un po’ più difficile, per chi è profano  come me, accettare  che vengano chiamate arte certe installazioni e anche le spiegazioni non mi risultano sempre convincenti.

Intendiamoci: io ammiro profondamente chi sa disegnare e dipingere, chi sa modellare, scolpire o sa usare tecniche artigianali, anche se poi lascia la strada classica per inventare vie nuove ( un esempio banale è Picasso), ma negli ultimi decenni c’è stato chi ha convinto il pubblico che un oggetto, ad esempio un uovo, diventa arte solo perché toccato dalla mano dell’artista. Oppure messo in scatola. Vorrei tanto sentire di nuovo il povero Daverio esprimere il suo parere su questo.

Andrò a rileggere i suoi libri. Ma a me  viene il dubbio che,  come sempre accade, ci sia chi è capace  di vendersi e chi no. E che anche il mondo dell’arte è una questione di commercio, come tutto il  resto. Peccato che veri artisti siano morti poveri in canna! Tu che cosa ne pensi? Forse pensi che il mio discorso sia frutto di ignoranza? Pazienza. Se vuoi esprimere la tua opinione,  possibilmente senza giudizi frettolosi e impietosi su chi non la pensa come te, puoi farlo nei commenti. Io, appena si potrà, mi fionderò di nuovo  nei musei ad ammirare le mie opere d’arte preferite. De gustibus …

Come accennavo all’inizio leggere con lo  spauracchio di non finire in tempo il libro per  poter iniziare quello successivo  ha reso un po’ affannata la lettura. Certamente con il cartaceo questo non succede e poi a me piace tornare indietro, rivedere con calma le pagine che ho amato di più. E toccare la carta, leggere senza bisogno  di un aggeggio elettronico e di corrente elettrica!

Ma allora perché non andare in libreria e acquistare i libri  che volevo leggere? Motivi economici? No, quel che si risparmia si butta poi via per altro. Ho preferito  attendere il  prestito anziché comprarmeli perché avevo appena finito di riordinare, etichettare e catalogare in  un file Excel i libri che possiedo, un migliaio, senza contare quelli di studio, né quelli dei miei familiari. Ci  ho messo un bel po’ soprattutto  a catalogarli, ma ritengo difficile riuscire a far stare altri libri nel mio piccolo alloggio, né ho l’eleganza del riccio …  Però Babbo Natale mi ha portato altri due bestseller, che ci posso fare? Li leggerò e aggiornerò l’elenco e, quando i libri saranno troppi, uscirò di casa io.

 

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Libro più, libro menoultima modifica: 2021-01-17T23:35:24+01:00da picci-teacher
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